giovedì 1 dicembre 2011

In un'altra vita

Passai per la vita mutando colore man mano che mutava quello del cielo.
Vivevo di luce, e mi spegnevo la sera: puro spirito.
Mi ficcavo nelle crepe di ogni muro
a respirare le vite degli altri
operosi nelle cucine.
Masticavano maciullavano le cose tra i denti
e poi le mandavano giù per la gola
e parlavano parlavano tra una morte e l'altra.
Poi sputavano il veleno accumulato durante il giorno
in una schiuma bianca che veniva fuori strofinandosi i denti forte.
Avevano teste sempre pesanti
e cercavano di alleggerirla poggiandola
sul petto di qualcuno, o tenendo l'altra sul proprio
di petto.
Qualche volta era possibile vedermi,
qualche attimo prima che comparisse la testa del sole all'orizzonte,
io mi sdraiavo proprio lì
a pelo d'acqua
a giocare a guardare le stelle svanire.
Volevo guardarle fino all'ultimo istante
quindi mi sforzavo di fare in modo che le mie palpebre non si abbassassero mai.
Ma io non avevo palpebre
erano solo un miraggio le mie ciglia di donna
e l'acqua non mi bagnava la schiena
e i capelli non vagavano come tentacoli di medusa nell'acqua
che non potevo sapere salata.
Decisi allora di entrare nel grembo di una giovane donna
che brillava di una luce azzurrina
e aveva paura di tutto
ma l'animavano grandi speranze
e aveva una forza immensa in un punto che si trovava poco sopra l'ombelico.
Io da lì dentro potevo vederlo vibrare
era un'armonica e suonava canzoni bellissime.
E ballavo, ballavo
e mi sentivo crescere i piedi e le mani e la schiena
e il collo e le orecchie ed era bello e dolce
sentirmi accarezzare oltre quel muro,
sentirmi dondolare.

http://www.youtube.com/watch?v=pYnQv2NfVmg


lunedì 3 ottobre 2011

I duellanti

"Un paio di nemici si batte a colpi di bastone nel bel mezzo delle sabbie mobili. Attento alle mosse dell'altro, ciascuno risponde colpo su colpo e oppone attacco a schivata. Fuori del quadro, noi spettatori osserviamo la simmetria dei gesti che si succedono nel tempo: che magnifico -e banale- spettacolo!
Ma il pittore - Goya - ha immerso i duellanti nel fango sino al ginocchio. A ogni movimento, un buco vistoso li inghiottiva, così si serpelliscono insieme a poco a poco. A che ritmo? Dipende dalla loro aggressività: se la lotta si fa più accesa, i movimenti divengono più vivi e bruschi, accelerando lo sprofondamento. L'abisso in cui si precipitano è qualcosa che i belligeranti non s'immaginano - noi invece dall'esterno lo vediamo benissimo. Quale dei due morirà, ci chiediamo. (...) E' più probabile che la terra inghiotta questi ultimi prima che i giocatori abbiano liquidato la loro controversia"

M. Serres, Il Contratto Naturale, Guerra, Pace

http://www.youtube.com/watch?v=uJdDwmnc0kQ

giovedì 15 settembre 2011

A posteriori

Mi fa strano pensare il mio corpo che ancora si muove e si dimena, e cammina e parla e viene e va, quando l'attività cerebrale è pari ad un uomo che dorme in fase rem. Sai, quel sonno di cui non si hanno ricordi. I ricordi te li ricompongono il giorno successivo, pezzo per pezzo: mi raccontano di me, come fossi un'altra. E come faccio a dare spiegazioni io, se qualcuno si è impadronito del mio corpo a mia insaputa?! Dovrei cercare, da sobria, le ragioni profondissime che hanno spinto il mio corpo ad agire in quel modo, ma non le trovo. Forse perché mi sono sconosciute, forse perché mi spaventano, forse perché non esistono. Esiste una logica tutta fisica e animale che sopravvive a testa spenta? Esiste un vulcano di repressione che appena perdi il controllo erutta? E come si fa a gestire i postumi? Come darsi un senso? Come?
Con i miei sensi di colpa posso costruire cattedrali.
Ma quanto mi affascina quell'abisso, quanto vorrei sondarlo, capirlo.

sabato 10 settembre 2011

Menzogne

"Avete sentito la voce di Beatrice? Carmine se n'è andato e lei ha intuito il vuoto nel quale sono caduta e che ho bisogno di lei. Era mia intenzione fino a qualche minuto fa, di fronte al ricordo di una delle tappe d'obbligo che la vita ci impone: quella di essere abbandonati o di abbandonare, di tacere l'episodio dell'abbandono di Carmine. Ma le sue parole si sono impadronite del diritto di vivere, senza il permesso della mia intelligenza, come è sempre nelle "vicende di cuore". Ma non preoccupatevi. Non starò a raccontarvi passo passo la lotta che ognuno conosce per dimenticare. Soffrii esattamente come tutti. Ma l'amore non è assoluto e nemmeno eterno, e non c'è solo amore fra uomo e donna possibilmente consacrato. Si poteva amare un uomo, una donna, un albero e forse anche un asino, come dice Shakespeare.
Il male sta nelle parole che la tradizione ha voluto assolute, nei significati snaturati che le parole continuano a rivestire. Mente la parola amore, esattamente come la parola morte. Mentivano molte parole, mentivano quasi tutte. (...) Imparai a leggere i libri in un altro modo. Man mano che incontravo una certa parola, un certo aggettivo, li tiravo fuori dal loro contesto e li analizzavo per vedere se si potevano usare nel "mio" contesto. In quel primo tentativo di individuare la bugia nascosta dietro parole anche per me suggestive, mi accorsi di quante di esse e quindi di quanti falsi concetti ero stata vittima. E il mio odio crebbe giorno per giorno: l'odio di scoprirsi ingannati."

Goliarda Sapienza, L'arte della gioia

giovedì 1 settembre 2011

Il mio pensiero leggero

Il mio pensiero leggero è quello che sfioro per caso mentre mi adopro in qualsivoglia attività, o che mi inchioda a un muro bianco di desiderio quando il silenzio si fa troppo pesante. Qualcosa di simile all'aria, a un profumo fresco notturno dal tocco leggero, leggero ma deciso. La leggerezza è frivola, il tempo di voltarti che ha già cambiato umore, è divenuta giorno. Il dubbio è leggero, si infarina da una parte e poi dall'altra, e poi ancora e poi ancora, nutrimento quotidiano. Io faccio volteggiare le cose, le rendo pura possibilità. Così in potenza tutto esiste, anche se nel pensiero. Quello leggero.

sabato 13 agosto 2011

Non arriva fin lì, la luce.

Mi sono seduta al bordo del tempo
e con le dita dei piedi che a pendolo lo scandivano
in reduci ostinati secondi,
l'ho accarezzato
mentre scivolava in piccole gocce su vetro.

Mi sono guardata scendere
in picchiata con la testa sotto i piedi
rinunciando all'equilibrio
tanto morso, tanto bramato
tanto scorso, consumato.

Cadere è semplice per me,
tutta la mia storia
narra di un' unica solenne preannunciata caduta.
L'oracolo disse:
la verità è in uno scrigno di ferro,
umile dura e fredda dea.
Voglio i tuoi occhi per poterla vedere
quando le sarò davanti.


martedì 24 maggio 2011

ostinatamente


I giri di chitarra, la nenia, la ripetitività
un ritmo incalzante
quasi andasse da sè, come va da sè la testa a muoversi
e gli occhi a chiudersi.
Ieri ho fatto pensieri erotici
mentre pedalavo ad occhi chiusi
e mi sembrava di poter pedalare all'infinito.
Devo esser diventata più bella da quando soffro,
mi sento gli occhi addosso,
profumo,
lo sento che mi scrutano sotto la pelle
lievemente abbronzata.
La morte mi fa bella.

La tua strada sale dritta in cielo,
il sole ci impazzisce sui vetri,
me l'ha detto qualcuno
in sogno.

lunedì 9 maggio 2011

And I cried like ever

I viaggi sono fatti per tornare.
Il passato è una terra straniera, va esplorato, capito e curato.
L'aereo ti serve per andare, per perdere il contatto, e provare l'impatto con l'ignoto. E poi è bello, perchè devi tenere la mente impegnata sulle cose semplici che a casa non ti domandi mai: come fare a raggiungere un posto, farsi capire, capire, cogliere abitudini, luoghi comuni della terra ignota.
Ti allontani per provare, per provarti, per vedere se sei in grado, e già lo sai da prima che lo sarai, solo se lo vuoi. Si è sempre fin troppo banali nel mettersi alla prova, ognuno lo fa a modo suo ma sempre nello stesso modo. When you loose your energy, you should do something to save yourself. E questo comporta qualcosa di rotto. Per forza.
Ne avevo bisogno, perchè io ho bisogno che le cose scorrano semplici, e ho bisogno di seguire certi segnali stupidi che mi arrivano alla testa, tipo una parola che mi ronza in testa, una coincidenza, una canzone, una domanda inaspettata; è sempre così che prendo le decisioni, anche le più importanti, ed è sempre come se non le prendessi io, ma stessi seguendo qualche suggerimento, una strada che esiste al di là del punto preciso in cui la sto percorrendo al momento. Lo chiamano istinto, ma è qualcosa di diverso, perchè non c'è certezza, solo obbedienza.
Allora me ne sono andata, venti chili nella stiva e dieci addosso. Ciao amore, ciao. Tornerò.
E mentre l'aereo cadeva ho pensato: non devo più decidere niente. 
Insoluto.
Avevo voluto il mio sacrificio.
And I cried like ever.

giovedì 5 maggio 2011

A

Vorrei innamorarmi facilmente, soffrire delusioni, illudermi, perdere, implorare, pregare e credere di non essere in grado di muovere un passo. Poi vorrei voltarmi e cadere coi piedi e le scarpe in un nuovo amore, di plastica, di aria, di vento, d'estate, di mare infinito, di voglie amaranto, che sfoci in un fiume prosciugato dal sole, si essicchi e si bruci nel campi del sud.
Vorrei non tessere legami in fibra d'acciaio e saper pronunciare la parola: fine.
Vorrei subire, subire decisioni altrui, non sentire il peso delle scelte ad aprirmi la fame e la voglia di dolci da sciogliere in bocca, ad alleviare i denti sempre un pò troppo serrati.
Vorrei trattenermi sempre alla riva, bagnarmi i piedi se proprio devo, l'orizzonte è solo un limite in più, posso solo annegare.
Ma sono troppo razionale.
Ma sono troppo irrazionale.
Perchè?
Per costringermi a mentire, a non aderire mai completamente ad una sola delle cose che dico, a non saper pensare, a non arrivare a niente, a non sapermi difendere.

sabato 19 febbraio 2011

L'amore dei contrari

Come mai io ci metta tanto ad affezionarmi a qualcosa di mio, non lo so. E' strano. Forse è il fatto di cambiare casa più volte che non ti fa sentire più tua nessuna casa e nessuna cosa in quella casa. Vorrei una casetta mia, dove tutto ciò che tocco è mio, dove decido io chi far entrare, e non devo preoccuparmi di salvaguardare una certa dignità al cospetto di chi non fa mai nulla in più dello strettamente dovuto. E a dirla tutta vorrei un mondo di generosi, di amatori con le mani sempre protese.
"Che a fare la buona, si diventa fessi, e gli altri se ne approfittano." Ah...mio padre...una delle persone più buone e meno calcolatrici della storia, più spontanee e profondamente umili che siano mai esistite. Un'indole semplice e pacatamente allegra, dovrà pur riconoscere un certo trapasso di geni, correggibili quanto vuoi ma sempre fino ad un certo punto...
Oggi un mio amico mi ha sottoposto un suo scritto, era uno sfogo dettato dal suo essere una persona profondamente onesta e definita nei colori che ha difficoltà a rapportarsi con la gran parte delle persone che, per sufficienza, imbarazzo, o chissachè, preferisce l'ambiguità o comunque un comportamento non lineare. E il caso vuole che tali ambigui tante volte nel suo caso appartengano ad una categoria, che sentendosi chiamare "diversi", forse abbiano cominciato a sentirsi davvero tali, facendo scudo dietro una serie di comportamenti molto facilmente riconoscibili e a dir poco comuni. Molti dai gay con cui ha provato a instaurare un rapporto, sono intermittenti, poco disponibili, curano moltissimo la propria immagine guardando dall'alto in basso il resto del mondo, sembra quasi che loro posseggano i segreti del mondo.
 E' superficie superficie tutta superficie...
Talvolta si diventa vittime (in)consapevoli delle categorie e, per non alimentarle, proprio perchè ci si sente diversi, va a finire che le si osserva alla lettera, un pò come il fatto che per resistere ad una tentazione bisogna cedere ad essa. Platone la chiama "antiperistasi": due principi di qualità opposta che si alimentano a vicenda. Esempio: d'inverno fa freddo ma le viscere sono più calde, e viceversa con l'estate. Forse fa parte del sentirsi parte di un gruppo, forse fa parte di tutto il trascorso che ti porta a riconoscere e accettare chi sei, ed entri in certi meccanismi che non ti appartengono in quanto individuo ma appartengono al gruppo di individui a cui credi di appartenere, o sentirti vicino. Certo gli stronzi hanno da sempre più appeal, mi cerchi e non mi cerchi ed io mi struggo, principio sempre verde dell'attrazione, ma qui c'è qualcosa di più...
Fare un discorso sulle categorie è sempre pericoloso. E fare un discorso sui gruppi in questa postmodernità in cui non esiste più niente in cui si possa credere insieme, in cui siamo tutti belli attorcigliati sui nostri intestini a far da mangiare ai nostri desideri, così bistrattati e denutriti, per non lasciarli morire di fame; un discorso sul senso del gruppo, il bisogno di riconoscersi in qualcun'altro, può sembrare fuoriluogo se non addirittura assurdo. Eppure c'è un principio di verità in quello che dico, e lo dico senza pretese. Un gruppo unisce e fa sentire più giusti, adeguati, specie quando all'esterno il mondo ti guarda storto o fa finta che non esisti, ma allo stesso tempo separa ancora di più da quello che non è dentro, e per essere dentro in qualche modo devi pagare il dazio di adeguarti, aderire a quei principi non scritti di riconoscimento interno. Sempre l'antiperistasi...i principi opposti che si alimentano...Ma quale principio di non contraddizione, siamo fatti di contraddizioni! Dunque lo sterotipo non vale solo per chi guarda dall'esterno, ma viene anche intimamente sposato all'interno.
Eppure lo stereotipo vale solo al livello più superficiale, per quanto uno possa incarnare l'anima di un gruppo rimane sempre fisicamente separato e diviso quindi diverso da chiunque altro, a prescindere dal fatto che sia impostato in modalità gay, o donna in carriera, o casalinga. E' solo una difficoltà in più, un muro in più da scalare per cominciare a trattarsi da esseri umani.

martedì 4 gennaio 2011

La dipendenza

Mi domando spesso quanto dipendiamo da altri. Quanto il nostro essere le creature più fragili cui il processo di evoluzione sia stato capace di pervenire, ci renda bisognosi di seni, latte, stampelle, sedie e letti di umane sembianze ed essenze fatti.

Se lo stato di bisogno ci è permesso solo nell'infanzia
perchè ancora mi aggrappo ai suoi capelli e facendole male tremo al pensiero che mi lasci cadere;
se d'inverno ci si ripara nella lana rubata alle greggi
perchè solo al caldo del tuo corpo assopito trovo il sonno dei giusti.
L'azzurro di questo cielo gelido mi strappa un sorriso.
Conservo fuori alla finestra la frutta, si tiene meglio.
Chissà se capirai mai che non sono lodi alla tua bellezza che ti daranno indietro la casa vecchia e tua madre in vestaglia che finalmente si accorge delle tue mani rotte e le prende al caldo delle sue cure.
Non sono i baci di una sconosciuta che ti diranno quanto sei degno della sua venerazione, lo sai che fan presto, amore, ad appassire le rose.
Mastica e sputa, mastica e sputa, mastica e sputa.
Dove finisce il coraggio, comincia quel finto altruismo a fin di ego.
E' per te, cara, questa pietanza cucinata con cura, è per te che corro se chiami, è per te che non dico, non faccio, non sono. E' per te. Perchè ho bisogno di te.
Malattia.
Non esco di casa da otto mesi -li ho contati oggi- non mi sembrano poi tanti. Lo faccio per te, per non spaventarti, nessuno vorrebbe incontrare una persona come me, neanche i folli o i poeti. E se rifiuto di incontrarti, scriverti e amarti, lo faccio per te. Solo per te. Che sei me. Siamo perfetti insieme nelle nostre solitudini. Dimenticherai i miei tratti - io non potrò dimenticare i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi - parleremo ogni tanto di notte attraverso l'etere, e piano piano scivolerai in un'altra vita, che non ti sia gemella, che non li contenga tutti i semi della tragedia, come la mia. Se ci sono io, non ci sei tu, e viceversa. Questo è il nostro destino.
Odio quando dio passa per la bocca dei mortali e spara sentenze gratuite. Quella necessità concepibile solo negli scritti o nell'ormai passato, non ha diritto d'asilo nella tua bocca che vale almeno quanto la mia. Se di sentenze qui si tratta ecco la mia, amore carcerato: ti aspetterò, nei secoli dei secoli amen.

Spero che un giorno smetterai di fare confusione
tra il dolore ed il piacere
la paura ed il bisogno di ferire
Son certa che un giorno chiameremo tutto questo
col nome giusto...(Carmen Consoli)


Il nome giusto, è sempre lì il problema. Dare il giusto nome alle cose e amarsi. Amarsi moltissimo, tanto da saper amare senza ferire, senza investire, senza se stessi. L'egoista non si ama, non si ama affatto. L'altruista non si ama, non si ama abbastanza. Il narciso non si ama, continuerà a perfezionare la sua immagine mai pago di quello che glia altri vedono (perchè la nostra faccia noi possiamo vederla solo riflessa). Il mistico non si ama, sceglie qualcuno di immensamente grande e quivi riposa in pace, altrimenti mare mosso, inquetudine intraducibile a rosicchiargli il fegato. Chi allora? Chi si ama abbastanza? Chi non cede alla solitudine? Al ricatto del tempo? Alla famiglia che ti vuole realizzata? Al bisogno di serenità? Al bisogno?

Mi sono spinta ben oltre gli intenti iniziali...
mi toccherà rifletterci...
forse...