martedì 4 gennaio 2011

La dipendenza

Mi domando spesso quanto dipendiamo da altri. Quanto il nostro essere le creature più fragili cui il processo di evoluzione sia stato capace di pervenire, ci renda bisognosi di seni, latte, stampelle, sedie e letti di umane sembianze ed essenze fatti.

Se lo stato di bisogno ci è permesso solo nell'infanzia
perchè ancora mi aggrappo ai suoi capelli e facendole male tremo al pensiero che mi lasci cadere;
se d'inverno ci si ripara nella lana rubata alle greggi
perchè solo al caldo del tuo corpo assopito trovo il sonno dei giusti.
L'azzurro di questo cielo gelido mi strappa un sorriso.
Conservo fuori alla finestra la frutta, si tiene meglio.
Chissà se capirai mai che non sono lodi alla tua bellezza che ti daranno indietro la casa vecchia e tua madre in vestaglia che finalmente si accorge delle tue mani rotte e le prende al caldo delle sue cure.
Non sono i baci di una sconosciuta che ti diranno quanto sei degno della sua venerazione, lo sai che fan presto, amore, ad appassire le rose.
Mastica e sputa, mastica e sputa, mastica e sputa.
Dove finisce il coraggio, comincia quel finto altruismo a fin di ego.
E' per te, cara, questa pietanza cucinata con cura, è per te che corro se chiami, è per te che non dico, non faccio, non sono. E' per te. Perchè ho bisogno di te.
Malattia.
Non esco di casa da otto mesi -li ho contati oggi- non mi sembrano poi tanti. Lo faccio per te, per non spaventarti, nessuno vorrebbe incontrare una persona come me, neanche i folli o i poeti. E se rifiuto di incontrarti, scriverti e amarti, lo faccio per te. Solo per te. Che sei me. Siamo perfetti insieme nelle nostre solitudini. Dimenticherai i miei tratti - io non potrò dimenticare i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi - parleremo ogni tanto di notte attraverso l'etere, e piano piano scivolerai in un'altra vita, che non ti sia gemella, che non li contenga tutti i semi della tragedia, come la mia. Se ci sono io, non ci sei tu, e viceversa. Questo è il nostro destino.
Odio quando dio passa per la bocca dei mortali e spara sentenze gratuite. Quella necessità concepibile solo negli scritti o nell'ormai passato, non ha diritto d'asilo nella tua bocca che vale almeno quanto la mia. Se di sentenze qui si tratta ecco la mia, amore carcerato: ti aspetterò, nei secoli dei secoli amen.

Spero che un giorno smetterai di fare confusione
tra il dolore ed il piacere
la paura ed il bisogno di ferire
Son certa che un giorno chiameremo tutto questo
col nome giusto...(Carmen Consoli)


Il nome giusto, è sempre lì il problema. Dare il giusto nome alle cose e amarsi. Amarsi moltissimo, tanto da saper amare senza ferire, senza investire, senza se stessi. L'egoista non si ama, non si ama affatto. L'altruista non si ama, non si ama abbastanza. Il narciso non si ama, continuerà a perfezionare la sua immagine mai pago di quello che glia altri vedono (perchè la nostra faccia noi possiamo vederla solo riflessa). Il mistico non si ama, sceglie qualcuno di immensamente grande e quivi riposa in pace, altrimenti mare mosso, inquetudine intraducibile a rosicchiargli il fegato. Chi allora? Chi si ama abbastanza? Chi non cede alla solitudine? Al ricatto del tempo? Alla famiglia che ti vuole realizzata? Al bisogno di serenità? Al bisogno?

Mi sono spinta ben oltre gli intenti iniziali...
mi toccherà rifletterci...
forse...